1. Cerreta monumentale di Valle Ragusa
(Comune di Monte Sant’Angelo)
La cerreta monumentale di Valle Ragusa si estende per 108 ha, su un complesso forestale di oltre 5000 ha di cui 378 ha occupati da cerrete. La significatività dell’area risiede nella persistenza storica di un bosco monumentale di lontanissime origini caratterizzato nel corso dei secoli da uno stretto rapporto con le popolazioni che ne sfruttavano il ricercato legname, sia per le costruzioni navali, che per ricavarne traverse ferroviarie. La cerreta monumentale di Valle Ragusa rappresenta un’area caratterizzata dalla presenza di piante di cerro (Quercus cerris L.) nel piano dominante e di un fitto piano dominato costituito da carpino bianco (Carpinus betulus L.). Si tratta di esemplari monumentali con dimensioni che superano i 3 m di circonferenza e altezze di oltre 20 m. L’area presenta una sufficiente integrità, per la presenza di piante monumentali di cerro in formazione paracoetanea a struttura stratificata, anche se appare consociata a carpino bianco nel piano dominato e, in maniera meno incisiva, ad acero campestre, con una struttura del popolamento arboreo biplano. L’esercizio del pascolo in bosco contribuisce in parte a mantenere sgombro il suolo, ma l’area potrebbe costituire un modello della possibilità di stabilire un positivo rapporto di compatibilità tra differenti forme di uso del suolo. Per quanto riguarda la vulnerabilità, il maggior rischio dal punto di vista della conservazione del bosco è rappresentato dall’abbandono. In siffatte condizioni, infatti, si verificano periodici crolli di piante di cerro con conseguente occupazione dello spazio da parte del carpino bianco, notoriamente sciafilo e pertanto in grado di affermarsi anche sotto copertura.
2. Oasi agrumaria garganica
(Comuni di Rodi Garganico, Vico del Gargano)
Le coltivazioni di agrumi della costa settentrionale del Gargano si trovano in un’area di 1268 ha. La significatività dell’area risiede nella persistenza storica di un’agrumicoltura tradizionale dalle lontane origini. La coltivazione agrumaria nell’area è attestata sicuramente dal Basso Medioevo con il melangolo (arancio amaro), l’unica varietà di arancio conosciuto nel Mediterraneo prima dell’arrivo dell’arancio dolce nella seconda meta del Cinquecento. Caratterizzato da alti livelli di produttività per pianta, l’agrumeto garganico costruisce il paesaggio, con i lunghi frangivento costruiti con filari di leccio, alloro o lentisco, o con canneti. Tutte le arance prodotte sono riconosciute dal marchio IGP sotto il nome di “Arancia del Gargano”. Tra i limoni è diffuso il “Femminello comune”, un’antica varietà oggi riconosciuta dal marchio IGP, ma se ne trovano anche altre molto rare, come il “limone sanguigno”. Tutti gli agrumi del Gargano costituiscono un Presidio di Slow Food. L’oasi agrumaria ha mantenuto fino agli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento, la piena integrità delle sue componenti fondamentali. Gli elementi strutturali, come i frangivento, hanno perso di vivacità, sia per l’abbandono di tante parcelle colturali, sia per il lento modificarsi della tecnica colturale. Di grande valore è il fatto che gli agrumeti garganici conservano ancora oggi le antiche varietà tradizionali. La vitalità dell’oasi è minacciata, oltre che dall’espansione delle seconde case e delle strutture turistiche della vicina costa, dalle difficoltà di mercato.
3. Oliveti delle Serre salentine
(Comuni di Alessano, Presicce, Acquarica del Capo, Specchia)
L’area individuata come rappresentativa degli oliveti salentini si estende per 1154 ha. La significatività dall’area non risiede solamente nella persistenza storica di una coltivazione secolare, ma anche dal fatto che questa è inserita in una particolare rete insediativa formata da una miriade di microinsediamenti, per lo più piccoli centri rurali, che si addensano e s’infittiscono scendendo verso Capo di Leuca, circondati da rigogliosi e secolari “boschi di ulivi”. L’area si mantiene integra, e dopo lo spopolamento degli anni Cinquanta durato fino a qualche anno fa, oggi punta molto sulla valorizzazione delle risorse agricole e dei suoi beni culturali. Parte delle Serre mantiene con maggiore integrità i caratteri unificanti del paesaggio agrario salentino, particolarmente suggestivo in un alternarsi di pietre e alberi di ulivo. Dal punto di vista della vulnerabilità si osservano elementi di criticità, anche cronica, come l’urbanizzazione diffusa, non controllata e in alcuni casi del tutto abusiva, l’allontanamento della forza lavoro dal settore agricolo, l’intensificazione delle pratiche agricole, la modernizzazione legata all’irrigazione a goccia, l’introduzione di varietà più produttive e l’uso di prodotti chimici e di mezzi meccanici per la raccolta e il diserbo.
4. Pascoli dell’Alta Murgia settentrionale
(Comuni di Gravina in Puglia, Spinazzola, Ruvo di Puglia, Corato)
L’area a pascolo selezionata è di 3146 ha di estensione e si localizza sui gradoni più elevati del plateau murgiano. L’area risulta essere significativa per la persistenza storica di una secolare gestione del territorio che ha creato un paesaggio particolare, risultato dell’interazione tra l’uomo e un ambiente di tipo “carsico”. È caratterizzata dalla presenza di ampi pascoli seminaturali e da piccole costruzioni rurali in pietra, con una frammentazione della loro distribuzione territoriale. Percorsa un tempo dal tratturo Melfi-Castellaneta, l’area in esame è infatti tuttora costellata di masserie e jazzi (recinti per pecore in muratura a secco). Il paesaggio presenta ancora forti caratteri d’integrità. Nell’area si incontrano spesso mandorleti in abbandono, testimonianze tangibili di una coltura che era diffusa e ben s’inseriva nel contesto bioclimatico in esame, ora in forte regressione in tutta la regione perché divenuta poco remunerativa. La zona presenta un’elevata vulnerabilità per diffusi episodi di degrado, discariche abusive e dissodamenti. Allo stato attuale, tuttavia, il vero fattore di vulnerabilità dell’area è legato alla gestione dei pascoli. Infatti i pascoli pseudosteppici sono nell’area delle formazioni vegetazionali secondarie derivanti dalla continua presenza di fattori di disturbo quali fuoco e pascolamento, che hanno nel tempo bloccato il naturale dinamismo della vegetazione. La prolungata assenza di tali fattori favorirebbe il percorso evolutivo verso la vegetazione forestale climacica di riferimento, rappresentata da un querceto caducifoglio termofilo.
5. Terrazzamenti garganici
(Comune di Monte Sant’Angelo)
Sul versante meridionale del Gargano si trova un paesaggio caratterizzato da numerosi terrazzamenti, che si estende per 1783 ha. La significatività dell’area è legata alla persistenza storica di fitti terrazzamenti su versanti piuttosto pietrosi e in forte pendio, in cui vengono svolte consociazioni tradizionali, realizzati nel corso di secoli per recuperare terreno coltivabile e contrastare l’erosione, con un faticosissimo lavoro di trasporto di terra dai depositi vallivi, il tutto in un contesto scenico molto affascinante. L’olivo e la sua tipica consociazione con il mandorlo sono gli alberi dei terrazzi delle parti basse, mentre nei medi versanti il terrazzamento è animato dal mandorlo, l’unico albero che riesce a vegetare in condizione di ventosità molto forte, la cui coltura era spesso consociata con i legumi e, soprattutto, con i cereali. Ma i terrazzamenti vanno oltre, sino a interessare la periferia della città di Monte Sant’Angelo ove costituiscono parcelle colturali impiegate per orti e piccole vigne. Il paesaggio dei terrazzamenti garganici risulta ancora in parte integro, soprattutto nelle zone medio-basse, che ancora oggi sono caratterizzate da olivi consociati con il mandorlo. Per quanto riguarda la vulnerabilità, la minaccia maggiore per i terrazzamenti deriva dalla mancata manutenzione delle opere di contenimento del terreno. I terrazzamenti abbandonati sono, nel corso degli anni, soggetti a fenomeni di successione secondaria, che si manifesta nel dilagare della vegetazione spontanea. Oltre alla perdita di un patrimonio estetico-culturale unico, l’abbandono causa seri problemi di erosione e di frane. Altro elemento di vulnerabilità è legato alla progressiva tendenza a sostituire i mandorli con gli olivi.
6. Valle d’Itria
(Comune di Martina Franca)
La Valle d’Itria è uno dei paesaggi più noti della Puglia, grazie ai caratteristici trulli; l’area scelta è estesa per 547 ha. La Valle è riconosciuta tra i siti Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. I tratti storicamente più significativi e assolutamente dominanti della presenza antropica e del paesaggio, agrario e non, della Valle d’Itria e di alcune zone contigue, sono stati l’insediamento sparso e la massiccia diffusione del vigneto, coltivato in piccoli, talora minuscoli, appezzamenti delimitati da muri a secco (pareti) e quasi sempre dotati di trulli, costruzioni in pietra calcarea a base quadrata, generalmente pluricellulari e tradizionalmente destinate a ospitare (per tutto, o per la maggior parte dell’anno) le famiglie contadine. L’integrità del paesaggio della Valle d’Itria risiede nel mantenimento degli equilibri tradizionali tra i vari usi del suolo, la presenza dei trulli e la forte parcellizzazione. Le minacce più concrete per il paesaggio della Valle d’Itria arrivano da due direzioni principali. Da un lato si registra l’abbandono di alcuni vigneti e frutteti causato dal debole ricambio generazionale, dall’altro il particolare patrimonio edilizio non sempre è tutelato a dovere. Se fino agli anni Ottanta molti trulli venivano abbandonati, in seguito si è preferito destinarli a uso stagionale da parte di residenti e turisti, con ristrutturazioni poco rispettose delle caratteristiche architettoniche e paesaggistiche della zona.
7. Vigneti del Tavoliere di Lecce
(Comuni di Salice Salentino, Guagnano)
L’area viticola in esame si estende per 1265 ha sul versante centro-occidentale del Tavoliere di Lecce. Il paesaggio dell’area è particolarmente significativo, ed è fortemente segnato dalla presenza dell’uomo, che nel corso dei secoli ha modificato un ambiente difficile, dove erano acque stagnanti e terreni incolti e pietrosi. L’elemento che più segna ancora oggi l’area è la presenza della viticoltura. La “rivoluzione agraria” nel Salento con l’impianto del vigneto su larga scala avvenne dopo il crollo dei prezzi del grano e la “grande depressione” degli anni Settanta del XIX secolo. In breve tempo “un mare di vigne” inondò migliaia e migliaia di ettari. La varietà di vite più coltivata nella zona esaminata è il Negro amaro, che unito, durante la spremitura, alla Malvasia nera produce degli ottimi vini rossi e rosati. L’area mantiene una buona integrità paesaggistica, conservando i caratteri originali risalenti alla grande trasformazione viticola. Non mancano elementi di vulnerabilità, che intervengono a modificare gli aspetti storico-culturali del paesaggio; questi sono principalmente il risultato della forte trasformazione del settore produttivo verso una viticoltura industriale e di alta qualità. L’impianto tradizionale ad alberello pugliese è spesso sostituito da una coltura a spalla o parete e da una rotazione produttiva degli impianti con ciclo ridotto.