L’attenzione del governo per il dissesto idrogeologico non è una novità, è un tema connesso alla stessa storia dell’Italia. Fu messo fra i primi posti dell’azione di governo già all’unità d’Italia. Si scriveva, allora come oggi, che il problema dipendeva dalla deforestazione , ed infatti sia la legge forestale del 1877 che quella sui rimboschimenti del 1883 operarono con questa filosofia. I più importanti provvedimenti vennero però in epoca fascista, con la legge sul vincolo idrogeologico del 1923 e sulla bonifica integrale del 1933. In questi anni furono messi in atto imponenti provvedimenti economici che realizzarono opere un po’ in tutte le regioni d’Italia dalle Alpi ed anche istituita la milizia nazionale forestale, il corpo forestale oggi soppresso ed incorporato nei carabinieri, che al tempo si occupava però specificatamente ed unicamente di boschi, diversamente da oggi. Con la legge Fanfani del 1952 che istituiva i cantieri di rimboschimenti dando lavoro a tutti quegli operari forestali ancora oggi presenti nelle regioni meridionali furono riforestati circa 800.000 ha. Cosa è cambiato da allora ad oggi? Sembra niente , o meglio tutto. Intanto, contrariamente agli allarmi deforestazione e desertificazione degli amici del cambiamento climatico, dal 1929 ad oggi i boschi sono passati da 4.000.000 di ettari a 11.500.000 di ettari. Quindi possiamo concludere che se i boschi sono raddoppiati ma il dissesto idrogeologico non è diminuito, forse il problema è un po’ diverso da come si pensa. L’altro cambiamento è stato l’abbandono della montagna del dopoguerra che ha visto precipitare la presenza dell’uomo sulle Alpi e gli Appennini a valori precedenti alla prima guerra mondiale. Se ne sono andati proprio quei contadini e quei pastori che manutenevano i territori montani , ad esempio con i terrazzamenti che, come dimostrato nelle 5 Terre, tengono spesso molto più del bosco rispetto al rischio di frane. E’ infatti la presenza dell’uomo , forestale, agricoltore o pastore che ci da garanzie sulla riduzione del rischio, ne opere di rimboschimenti ne cementificazione degli alvei da soli possono risolvere il problema. Ed infatti il governo ha annunciato che la prima tranche di 600 e passa milioni andrà subito alle città! Vorremmo però avvisare tutti coloro che ci leggono che l’origine delle frane, alluvioni, esondazioni e smottamenti non è in città. E’ in montagna, è li che si generano i fenomeni che poi causano danni e nelle pianure; e la brutta notizia è che l’erosione è un fenomeno del tutto normale in montagna non dipende dal riscaldamento globale. Costruire sui luoghi sbagliati come abbiamo fatto certo aumenta il rischio , ma la prima causa delle frane non è da ricercare nelle strade cittadine che si trasformano in fiumi. Purtroppo la montagna è lontana dalla città e soprattutto dai voti.