La trasmissione di Radiodue Decanter nella puntata del 29 Settembre in pochi minuti ha praticamente assestato colpi pesanti come macigni all’immagine del nostro paese dal punto di vista del paesaggio e di uno suoi prodotti che più lo rappresentano.: il grano. In sostanza abbiamo in un colpo solo messo in crisi la faticosa sopravvivenza della storica produzione di una componente fondamentale di una gamma infinita di prodotti tipici (pane, pasta, pizza ecc.) ed i paesaggi dove si produce. Proviamo a rimettere insieme i cocci, Il grano è una delle colture agricole più rappresentative del nostro paese e del Mediterraneo. Il grande storico francese Braudel ha scritto che la triade, grano, vino ed olio, è l’essenza stessa della civiltà mediterranea. Il nostro paese lo produce da prima del periodo romano e alcuni luoghi di produzione sono stati considerati i granai d’Italia, come la Sicilia e la Puglia. Non produciamo abbastanza grano perché abbiamo abbandonato 12.000.000 di ha di terreni agricoli negli ultimi cento anni. Ricoltivandone solo un po’ potremmo ampiamente soddisfare il nostro fabbisogno visto che ne importiamo circa 6700 tonnellate, questo vuol dire che con una produzione di 50 q ad ettaro, basterebbe rimettere a coltura poche migliaia di ettari. Il grano duro italiano è uno dei migliori del mondo e siamo il principale paese produttore insieme al Canada. Non vi è cambiamento climatico in corso che metta in crisi questo aspetto, fra l’altro, chi parla di cambio climatico dovrebbe decidersi, fino a ieri si parlava di rischio certo di desertificazione per l’Italia, oggi c’è troppa umidità, chi sa fra qualche anno quali altre certezze ci verranno proposte. L’idea poi di diventare dei trasformatori di prodotti alimentari pare particolarmente perversa. Si assimila infatti l’industria metalmeccanica a quella alimentare, con la differenza che producendo cibo con prodotti Italiani manteniamo anche il nostro paesaggio che non è solo bellezza, ma valore aggiunto fondamentale della nostra economia, qualità ambientale e qualità della vita. Se ce lo perdiamo, se ne va non solo l’articolo 9 della nostra costituzione ma gran parte della nostra storia e della “identità competitiva” del nostro paese. Viene da chiedersi se certe affermazioni non siano a sostegno delle grandi aziende produttrici alcune delle quali giustificano l’importazione dall’estero, per non pagare il prezzo dovuto al nostro grano duro,. Oppure di certi gruppi ambientalisti che sostengono il valore positivo dell’abbandono, favorendo così il degrado del nostro paesaggio rurale e i paesi che ci esportano non solo le materie prime, ma anche i prodotti finiti: formaggi, mozzarella, pasta ecc. , facendo in pratica assuefare l’opinione pubblica ad un destino considerato inevitabile. Insomma, sembra proprio difficile riconsegnare l’Italia alla sua identità, con buona pace di EXPO.