Nell’ambito di Vinitaly, l’annuale vetrina della viticoltura italiana che si tiene a Verona, si è iniziato a parlare di una nuova viticoltura che si lega strettamente ai paesaggio, in particolare ai paesaggi storici. E’ una viticoltura che conserva particolari tecniche di allevamento della vite e architettura degli impianti associate a caratteristiche ambientali quasi sempre difficili, quali le aree montane e alto collinari. Oltre alla industrializzazione della viticoltura con la diffusione di estese monocolture che hanno compromesso l’unicità del paesaggio e i suoi valori ambientali, abbiamo in ancora viticolture su piccola scala che utilizzano sistemi tradizionali, quali ad esempio i terrazzamenti o forme quali le pergole in legno sulle quali fare arrampicare le viti. Si tratta di viticolture molto spesso marginali, tipiche di aree caratterizzate da un livello di sviluppo medio-basso, ma che hanno molte potenzialità. L’idea alla base della loro valorizzazione è di proporre un diverso concetto di qualità con l’obiettivo di modificare la tendenza degli assaggiatori e del pubblico a valutare il vino, senza comprendere ed associare ad esso il paesaggio e le tecniche produttive tradizionali. Coltivare la vite usando la “pergole bassa”, come si fa in Cinque Terre, produce un vino che è diverso dallo stesso vitigno coltivato in un altro luogo e magari utilizzando i filari a spalliera moderni. Valorizzare questi tipi di viticoltura apre un panorama nuovo sulle relazioni fra storia, cultura e ambiente che si discosta da modelli che vedono nelle grandi quantità e in parametri esclusivamente legati a vitigni, vinificazione e suolo, i punti di forza della viticoltura. Riscoprire e salvaguardare il paesaggio rurale italiano passa anche attraverso un processo che porta alla conservazione della molteplicità delle forme produttive ma anche a una comprensione da parte del pubblico della differenza fra una qualunque viticoltura e una viticoltura che conserva l’intera gamma di valori associati al nostro paesaggio.
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