Al momento del crollo di Lungarno Torrigiani in molti hanno pensato che si trattasse ancora una volta dell’Arno che segnalava in modo drammatico l’inizio ufficiale delle celebrazioni del 50° anniversario dall’alluvione di Firenze del 1966. In realtà, sebbene per fortuna non si trattasse del fiume, quello che emerge dalla vicenda è un mix di incuria e incapacità di tenere sotto controllo un paesaggio fiorentino comunque molto fragile, ma particolarmente importante per i cittadini e per il mondo intero. Il dibattitto che si è scatenato e che coinvolge, come sempre accade, veri esperti e presunti esperti, occuperà ancora per qualche giorno i giornali. Luoghi come Firenze si reggono su equilibri fatti anche di dettagli, piccole cose, quali un tubo dell’acquedotto rotto, possono causare un danno grande e che va a svantaggio anche dell’immagine della città. E’ lo stesso per l’area perirurbana di Firenze, un paesaggio rurale in cui il crollo di uno dei terrazzamenti sulle colline, procurerebbe uno smottamento con fango e pietre che potrebbero arrivare fino in città. Prevenire la quantità di eventi possibili forse non è fattibile e forse nemmeno accantonare tutte le risorse per far fronte a tutti i possibili eventi. Quello che è sicuramente possibile è invece mettere in atto un monitoraggio intelligente, che non richiede investimenti colossali, ma soprattutto il coinvolgimento interdisciplinare di tutti quei settori scientifici in grado di suggerire cosa controllare e come farlo, oltre ad evitare, ed eventualmente sanzionare, la superficialità e l’incapacità di chi si occupa della manutenzione della città. .
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