Non tutti sanno che la Cina è il paese al mondo più importante per la protezione dei paesaggi rurali tradizionali o storici, come li chiamiamo da noi. Oltre ad avere quasi raggiunto l’Italia per quanto riguarda il numero dei siti UNESCO, fra i quali vi sono alcuni paesaggi rurali, la Cina è il più importante finanziatore del programma della FAO per la protezione del patrimonio agricolo mondiale, denominato GIAHS. Non deve sorprendere se un paese che immagiamo rivolto ad uno sviluppo industriale sempre più intenso si preoccupi di salvaguardare il paesaggio rurale. Prima di tutto la Cina ha una storia millenaria, questo significa che conosce quali sono i valori importanti da salvaguardare, è anche uno dei luoghi al mondo in cui si è originata l’agricoltura, quindi il suo patrimonio rurale appartiene al mondo. Come l’Italia, la Cina ha istituito il suo programma di protezione dei paesaggi rurali storici nel 2012. Vi sono però alcune differenze, fra queste il fatto che noi ne abbiamo per ora iscritti 5, mentre loro 35, ma i loro risultati non si fermano qui. Innanzi tutto il Ministero dell’Agricoltura cinese crede molto di più in questa operazione ed ha già raggiunto obiettivi importanti. In Cina non è in discussione, come avviene da noi, se le politiche agricole debbano sostenere gli agricoltori che vivono in queste zone , o se si debbano conservare o meno le pratiche agricole tradizionali ed i prodotti tipici ad esse associate. Lo si fa e basta, credeteci se vi diciamo che non ci sono problemi di fondi come si potrebbe pensare, ma è solo volontà politica. Come noi, si rendono conto che l’industrializzazione dell’agricoltura non è una ricetta che può funzionare dappertutto e che abbassare i costi di produzione per essere competitivi non è una scelta sempre vincente. Come noi sanno che agricoltura industriale significa spesso degrado del paesaggio e dell’ambiente. Come noi vogliono mantenere i contadini in campagna e limitare ulteriori processi di urbanizzazione e come noi percepiscono i rischi dell’abbandono e dell’eccesso di riforestazione con gli effetti che conosciamo, legati alla proliferazione incontrollata della fauna e la riduzione di terre coltivabili. Come noi hanno una straordinaria varietà di cibi, anche se provengono da un’area del mondo che appartiene alla cultura del riso e noi a quella dei cereali, per questo i due paesi sono complementari e non antagonisti. I risultati del loro programma di conservazione e valorizzazione dei paesaggi tradizionali si vedono. Mentre noi discutiamo sul fatto che le produzioni tipiche associate alla qualità del paesaggio dovrebbero avere un prezzo più alto, il riso del paesaggio storico di Ziquejie vale sul mercato 5 volte più di quello prodotto industrialmente. Mentre noi aspettiamo che la promozione turistica si accorga dei nostri paesaggi rurali e molti di essi si spopolano, in Cina si deve limitare il numero di contadini che vogliono vivere in queste zone dato che il reddito medio è notevolmente più alto ed il turismo ha già raggiunto numeri che richiedono di limitarlo. La Cina può rappresentare un partner importante per l’Italia nell’obiettivo di promuovere la conservazione di questi modelli di agricoltura sostenibile a livello mondiale. Infatti ha portato questo tema al G20, unico paese al mondo, una iniziativa che sa di futuribile rispetto a quello che il nostro paese propone in tali consessi. Ricordiamoci che l’EXPO di Milano non aveva alcun messaggio specifico legato a questo tema, salvo quanto proposto da alcuni paesi stranieri a livello di immagini, la sezione paesaggio del padiglione Zero. Non casualmente, la rappresentanza italiana alle Nazioni Unite a Roma, commentando il memorandum siglato fra Italia e FAO su paesaggio agrario e gli importanti impegni economici collegati, lo commentava come un esempio non molto frequente di iniziativa politica su un tema strategico per il nostro paese. Date le diverse dimensioni dei due paesi non c’è dubbio che il significato storico ed il valore del nostro paese esca rafforzato nel confronto con il “ continente Cina”, ma è sintomatico che pur nella volontà di promuovere soprattutto la loro cultura, i nostri amici cinesi siano pronti a riconoscere questo ruolo, molto più di quanto non facciano i nostri partener europei.
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