La visione degli alberi abbattuti che riempiono i fiumi del Cadore ricordano i 7-8 secoli in cui la coltivazione dell’abete a scopo commerciale veniva effettuata abbattendo gli abeti e poi gettandoli nel fiume per arrivare per fluitazione a Venezia. Si trattava di un mare di alberi proprio come oggi, un flusso costate di 400-500.000 alberi all’anno. Per fortuna si tratta di un evento non frequente, ma se abbiamo perso 15.000.000 di alberi ci consoliamo con il fatto che ne abbiamo tre miliardi e la loro superficie è triplicata nell’ultimo secolo.
Quello che pochi sanno è che dal XV secolo in poi l’originale proporzione fra faggio e abete è stata alterata , per favorire l’abete, più importante dal punto di vista commerciale. Il loro aumento non avviene dopo il primo dopoguerra come si legge oggi sul Corriere, ma da molto tempo prima. In trentino dove si trova la Val di Fiemme, la proporzione degli abeti appare già quasi raddoppiata in molte valli rispetto alla fine dell’Ottocento.
Peraltro, l’abete ha radici molto superficiali e quando cresce troppo denso come negli ultimi decenni, un periodo in cui si taglia molto meno che nel passato, diventa molto instabile meccanicamente. In boschi costituiti praticamente da una sola specie e di età quasi simili, gli alberi sono come degli stuzzicadenti che cadono uno sull’altro quando arrivano forti colpi di vento.