Nel discorso di fine d’anno il Presidente Mattarella ha toccato il problema dell’ambiente. L’anno appena trascorso è stato caratterizzato da fenomeni ambientali di una certa intensità, oltre ad avere avuto la COP sul clima in Dicembre, vale quindi la pena soffermarci sulle declinazioni del problema per l’Italia. Il Presidente parla di scelte ambientali necessarie e di posti di lavoro collegati. Tali scelte debbono essere però adeguate alle caratteristiche del nostro paese e a una visione complessiva della sostenibilità e dei problemi ambientali.
Si dovrebbe intanto ricordare che nel 1992 l’IPCC, il panel delle nazioni unite che produce previsioni periodiche sul riscaldamento globale, indicava anche per l’Italia desertificazione e deforestazione. Ventisette anni dopo non c’è traccia di tali fenomeni, al contrario i boschi sono aumentati di tre milioni di ettari. Da un po’ di tempo, con altrettanta sicurezza, si parla invece di tropicalizzazione, la verità è che non sappiamo cosa accadrà esattamente, né peraltro le indagini scientifiche sono univoche. In Toscana ci sono studi che dimostrano una riduzione della intensità delle piogge nell’ultimo secolo.
Ugualmente, considerando che i boschi in Italia sono passati da cinque a quasi 12 milioni di ettari nell’ultimo secolo e visto che alluvioni e frane non sembrano in diminuzione, c’è da pensare che ci sia piuttosto un problema di gestione non tanto di necessità di nuove forestazioni. Se qualcuno giudica positivo avere abbandonato 10.000.000 ettari di aree agricole (la metà di quanto avevamo) e importare ormai più della metà delle risorse alimentari dall’estero, dobbiamo chiarire che così “non siamo sostenibili” e un ulteriore “greening” sarebbe ancor più “insostenibile”.
Se si osteggia, come sta avvenendo, una legge che cerca di consentire il recupero di qualche lembo di aree abbandonate, con pretesti di “insostenibile” riduzione della CO2stoccata dalla vegetazione arborea, bisogna ricordare che un oliveto alle nostre latitudini assorbe più CO2di un bosco e che portare a sconto della CO2prodotta dall’Italia, non il risultato di sagge politiche ambientali, ma dell’abbandono dell’agricoltura, è una operazione opportunistica. Ricoltivare la terra e produrre cibo in Italia ci darebbe ugualmente posti di lavoro, oltre a consentirci di gestire un territorio che ha bisogno dell’uomo per stare in equilibrio.
La sorpresa che possono suscitare queste affermazioni è solo il sintomo della poca informazione sull’argomento. La dieta mediterranea, come sintesi della triade olivo-vite-grano che contraddistingue l’identità culturale del Mediterraneo, ci pone in cima al mondo proponendo un contributo “culturale” ai temi della sostenibilità molto più originale di indirizzi ideati in paesi che non hanno né il nostro paesaggio, né la nostra storia. Se, come dice il Presidente, guardiamo all’Italia dal di fuori, non siamo solo depositari di genio, sapienza e armonia, ma anche di paesaggio, che rappresenta la sintesi tutto questo. Si tratta di un tema, che pur rappresentando l’articolo 9 della nostra costituzione, non è stato citato. Peccato.