Diciamolo francamente, ci guardavano un po’ come oggetti strani, dei visionari che arzigogolavano di cose con poco senso, quando parlavamo di proteggere per legge i luoghi di produzione storici. In realtà, non senza difficoltà, i vigneti storici, nati come applicazione ad una coltura agricola delle indicazioni del registro nazionale dei paesaggi rurali storici sono legge.
Il decreto parla di viticoltura eroica e di viticoltura storica, quali sono le differenze? La viticoltura eroica è una definizione di tipo geografico, premia quei vigneti realizzati ad altitudini e su pendenze difficili, mentre la viticoltura storica riguarda quei vigneti, attenzione non i “vitigni”, che sono li dove sono sempre stati, pianura, collina o montagna non importa. Spesso viticoltura eroica e storica coincidono come nel caso dei vigneti terrazzati in altri casi no.
Con questa legge si intende quindi tutelare e valorizzare i paesaggi viticoli caratterizzati da “persistenza storica”. In altre parole, così come con i paesaggi inseriti nel registro nazionale, si è cercato di fare un po’ di chiarezza nel mondo delle produzioni definite “tipiche”, cercando aiutare i consumatori ad evitare quelle confusioni create ad arte, specie nel mondo del vino, tramite le quali si rivende spesso come “identitario”, “storico”, “tradizionale”, qualcosa che non lo è, o lo è solo in parte.
Insomma, si voleva premiare chi la viticoltura storica l’ha veramente mantenuta, non quelli che hanno fatto vigneti in ogni dove, inventando poi “storie” per attirare il consumatore, o l’esperto, che cerca l’autenticità di un prodotto e di un luogo. Naturalmente non c’è niente di male se qualcuno vuole realizzare un nuovo vigneto dove crede, però per fare un vino realmente “storico” non basta essere in un posto qualunque in una delle tante zone di produzione certificate.
Non tutti sanno che una DOC o una DOCG, non assicura affatto che quel vino provenga da un vigneto storicamente presente in un certo luogo. Questi marchi, così come tutti gli altri (IGP, DOP, Biologico ecc.), definiscono la zona di produzione, che spesso ha radici storiche, ma se acquisti i diritti di reimpianto puoi fare il tuo vigneto praticamente dappertutto in quella zona, salvo alcune eccezioni.
Ci sono molti vini famosi e costosi che sono realizzati in vigneti fatti dove prima c’era altro, sebbene in zona DOCG. Si intende così definire un nuovo concetto di “qualità integrale” in cui il luogo e le pratiche storiche di produzione, sono parte fondamentale al pari del vitigno, terreno, clima ecc. Si tratta ora di sostenere e valorizzare questa viticoltura, cercando di diventare consumatori consapevoli, pertanto, quando andremo a degustare un vino, magari in un bel castello, con il sommelier che ci racconta che quel vino è legato alla storia di quel luogo, cominciamo a fare domande.
Potremmo scoprire che in realtà in un passato recente i vigneti non c’erano, o scoprire che magari c’erano, ma hai distrutto gli antichi terrazzamenti e fatto un bel vigneto moderno. Lo stesso dovremmo fare quando andiamo al ristorante, iniziate a chiedere se quel vino viene da un paesaggio storico oppure no, anzi fatelo anche col resto del cibo. Tanti di noi si sono sentiti raccontare dal cameriere una bella storia su un certo vino, specie quelli costosi, che ci vengono serviti. Beh, cominciamo ad essere esigenti e chiediamo della loro storia, premiamo quegli agricoltori che hanno conservato i luoghi e le pratiche storiche.
In realtà la legge vuole valorizzare l’Italia, che ha tantissimi paesaggi storici, magari non ancora iscritti nel registro, in cui da secoli, in qualche caso millenni, si fa viticoltura negli stessi luoghi. Non siamo soltanto il paese con il più alto numero di vitigni autoctoni. Speriamo adesso che il marchio di certificazione in corso di realizzazione da parte del MIPAAF sia approvato velocemente e che le regioni sostengano la viticoltura storica e quella eroica, così come i paesaggi rurali storici e le pratiche agricole tradizionali nella prossima PAC.
Avvisiamo tutti che questa volta, nonostante quanto abbiamo scritto sul COVID-19, nonostante l’abbandono, crescente importazione di prodotti dall’estero (che mettono fuori combattimento i nostri contadini), se non vengono valorizzati questi modelli di agricoltura (delle aree collinari e montane interne), non possiamo cercare colpevoli a Bruxelles.
La nuova politica agricola propone ampie possibilità e fondi adeguati, le eventuali opposizioni sono tutte in casa nostra.