1. Castagneti del Vulture-Melfese
(Comuni di Barile, Melfi, Rapolla, Rionero in Vulture)
L’area è costruita da castagneti che si sviluppano in ambiente alto-collinare e submontano, per circa 1637 ha. I castagneti rappresentano per il Vulture e per l’agro di Melfi una tessera paesistica fortemente significativa che caratterizza le pendici dell’antico vulcano, esprimendo a pieno titolo il significato della definizione di “civiltà del castagno”, utilizzata per descrivere l’importanza di questo tipo di bosco nella storia italiana. Nell’area del Vulture il castagneto assume, oltre che un grande valore estetico-paesaggistico, un forte valore storico-identitario tanto che già nelle Costituzioni di Melfi (1231) venivano sancite delle norme volte a tutelare i castagneti, coltivati soprattutto per scopi alimentari, dai danni provocati dal bestiame. L’area si presenta abbastanza integra dal punto di vista della struttura dei castagneti, soprattutto nelle zone oggetto di una regolare manutenzione. Una particolare attenzione dovrebbe essere dedicata alle piante monumentali di castagno che andrebbero identificate e conservate anche se non produttive. Elementi di vulnerabilità per l’area sono il graduale abbandono della coltura e i rischi di attacchi parassitari. Il Monte Vulture infatti è stato inserito nella Rete Natura 2000 con la creazione di un SIC e di una ZPS. Ciò paventa il rischio di una progressiva evoluzione verso il bosco misto, con la perdita delle caratteristiche peculiari del paesaggio storico dei castagneti da frutto.
2. Pascoli della Murgia Materana
(Comune di Matera)
L’area a pascolo della Murgia materana si sviluppa per 2969 ha, nel territorio comunale di Matera La significatività dell’area della Murgia materana rispetto all’Alta Murgia è rappresentata non solo dalla particolarità del paesaggio, ma anche da una presenza antropica che inizia a interessare l’area già nel Paleolitico. Numerose testimonianze delle fasi storiche di questo territorio si conservano presso il Museo nazionale Domenico Ridola a Matera, mentre reperti del periodo greco e romano affiorano in varie località. Si suppone che nel corso di questi secoli il territorio murgico fosse dominio di pastori e mandriani che abitavano in piccoli villaggi ricavati dall’adattamento di caverne naturali. Tali comunità lasceranno un segno indelebile del rapporto tra uomo e natura: casali, villaggi e chiese rupestri conservano ancora intatto il fascino dell’insediamento in grotta. A queste strutture si affiancano gli jazzi, ovili realizzati in pietra a secco. L’importanza archeologica dell’area è legata anche alle numerose chiese rupestri che costellano l’area, risalenti a un arco temporale che dall’Alto Medioevo giunge sino al secolo XIX. Il paesaggio si mostra ancora molto integro. Aspetti di vulnerabilità, oltre a singoli episodi di degrado, discariche abusive o dissodamenti, sono legati alla gestione dei pascoli, formazioni secondarie derivanti dalla presenza di fattori di disturbo (fuoco e pascolamento) che hanno bloccato il naturale dinamismo della vegetazione consentendo di ottenere il paesaggio attuale. La prolungata assenza di tali fattori innescherebbe nuovamente il percorso evolutivo verso la vegetazione forestale climacica di riferimento, con ogni probabilità rappresentata da un querceto caducifoglio termofilo, portando alla perdita del paesaggio storico.
3. Oliveti di Ferrandina
(Comune di Ferrandina)
L’area si sviluppa per circa 1395 ha in ambiente collinare. La significatività dell’area olivicola di Ferrandina si identifica nel forte valore di tradizione legato alla perpetuazione della coltura dell’ulivo, i cui albori nell’area risalgono al periodo della Magna Grecia. Il paesaggio è infatti fortemente caratterizzato dall’ulivo a cui si alternano seminativi, orti e boscaglie xerofile a dominanza di querce caducifoglie termofile. Il valore storico degli uliveti di Ferrandina è, peraltro, testimoniato dalla diffusione di esemplari secolari. Un aspetto di forte significatività è sicuramente rappresentato dall’esistenza di una cultivar autoctona, la Maieatica. L’area degli oliveti si presenta sostanzialmente integra. A causa del substrato geo-pedologico particolarmente incoerente, uno degli elementi di vulnerabilità che maggiormente affligge l’area è rappresentato dall’elevata instabilità dei versanti che si manifesta con fenomeni intensi quali l’erosione calanchiva e numerosi episodi franosi. L’abbandono delle campagne e l’interrompersi delle normali pratiche colturali rappresentano per l’area olivicola terrazzata di Ferrandina un altro grande fattore di rischio, anche a causa della scarsa competitività della produzione olivicola locale rispetto alle regioni limitrofe, alla carenza di manodopera specializzata, all’assenza di una DOP e tendenza alla intensivizzazione degli impianti.
4. Vigneti di Aglianico nel Vulture
(Comuni di Barile, Rapolla, Ripacandida)
L’area selezionata si estende per 2746 ettari. La significatività dell’area risiede non solo nel particolare pregio estetico-paesaggistico dei vigneti in esame, che si inseriscono con armonia in un mosaico di particolare rilevanza. La storicità della cultura rappresenta per i vigneti dell’area un forte valore aggiunto: la coltura della vite e la cultura del vino risale al VII-VI secolo a.C. L’origine del nome di questo vitigno sembra forse derivare da Ellenico, trasformatosi poi in Aglianico intorno al XVI secolo. Uno dei maggiori punti di forza attuali è il grande valore qualitativo dell’Aglianico del Vulture, vino apprezzato in tutto il mondo e già riconosciuto dal marchio DOCG. Dal punto di vista paesaggistico i vigneti rappresentano delle piccole tessere all’interno di un paesaggio eterogeneo caratterizzato da castagneti, boschi a dominanza di cerro, rimboschimenti e seminativi nelle zone più elevate dell’area del Vulture, oliveti. L’area viticola del Vulture mostra un buon valore di integrità. La maggiore vulnerabilità per i vigneti dell’area è legata alla evoluzione degli ordinamenti colturali, e al mutare delle tecniche di allevamento della vite, che in seguito alla modernizzazione del settore tendono a innescare processi di trasformazione dei metodi di coltivazione tradizionale.