1. Alture di Polazzo nel Carso
(Comuni di Doberdò del Lago, Fogliano Redipuglia, Ronchi dei Legionari)
Si tratta di un tipico “paesaggio carsico” di tipo pascolivo, esteso per circa 1210 ha. La significatività dell’area risiede nella unicità e persistenza storica del paesaggio carsico, una landa a prateria magra in cui le alture di Polazzo offrono come un modello caratterizzato dallo sfruttamento pascolivo. La vegetazione è contraddistinta da formazioni arbustive, a prevalenza di sommacco, e da alcuni boschi di rovere e cerro. Il sommacco nei mesi autunnali presenta tipici riflessi rossastri che conferiscono una nota cromatica particolare al paesaggio carsico. Ai paesaggi caratterizzati dagli arbusteti si alternano ampi spazi tradizionalmente riservati al pascolo brado, favorito dalla relativa umidità di quest’area. La necessità di rendere il terreno più adatto alla produzione agricola costringeva alla raccolta delle pietre affioranti, con le quali si costruivano i muri a secco per delimitare gli appezzamenti coltivati, che costituivano una costante del paesaggio carsico ancora oggi parzialmente visibili. Il paesaggio si presenta sostanzialmente integro, nelle sue principali caratteristiche. Qualche azienda agricola sta proseguendo e riscoprendo l’allevamento della capra e dell’agnello carsolino, specie autoctone, accanto a bovini e asini. Dal punto di vista della vulnerabilità la riconquista del bosco di ampie porzioni di territorio già destinate al pascolo ha già mutato e rischia di compromettere ulteriormente il paesaggio. Le caratteristiche di unicità del paesaggio locale sono infatti profondamente legate sia alle determinanti geomorfologiche, che hanno limitato lo sviluppo dell’agricoltura a aree ristrette, sia al mantenimento del pascolo brado.
2. Campagna di Plasencis
(Comuni di Mereto di Tomba, San Vito di Fagagna, Fagagna, Coseano, Martignacco)
L’area riguarda una porzione di circa 1968 ha della campagna di Plasencis. La significatività dell’area è legata alla persistenza di un mosaico paesaggistico con conformazione a campi chiusi, delimitati da siepi e filari di alberi, che rappresenta uno dei tratti caratteristici del paesaggio storico della pianura. La composizione paesaggistica si offre come un mosaico nel quale convivono spazi esclusivamente riservati a un’agricoltura intensiva, in Friuli in larga parte sinonimo di monocoltura maidica e aree dove la conformazione del territorio ha mantenuto caratteri tradizionali. Per queste porzioni, come per larga parte della pianura, la conformazione a campi chiusi delimitati dalle siepi e dagli alberi era uno dei tratti distintivi del paesaggio agricolo. A differenza di quanto avvenuto nel resto del territori, l’area selezionata non ha ancora conosciuto gli interventi di riordino fondiario, che hanno modificato gli spazi agrari in vista del miglioramento delle rese produttive. Per quanto riguarda l’integrità, i caratteri di conservazione si offrono specularmente al depauperamento degli elementi originari e compositi subìto nel resto del territorio. Persiste nel paesaggio la suddivisione dei campi attraverso gli alberi – farnie, frassini, aceri, robinie, sambuchi – utilizzati anche per la delimitazione dei confini, e i filari dei gelsi, introdotti fin dalla fine del Settecento con la massiccia diffusione della sericoltura. A ciò si univa la oggi relegata ai margini degli abitati. Gli spazi così delimitati, chiusi o semichiusi, contemplano l’arativo e il prato-pascolo. La progressiva scomparsa dei prati è stato uno dei fattori di più visibile mutamento dei caratteri paesaggistici in Friuli. Nell’area persistono ancora porzioni di territorio collettivo destinato al prato e al pascolo, attualmente gestite dall’amministrazione frazionale, ultimo retaggio delle antiche assemblee dei capifamiglia.
3. Colle dell’abbazia di Rosazzo
(Comuni di Manzano, Corno di Rosazzo, Premariacco, San Giovanni al Natisone)
Il colle, esteso per circa 1672 ha di superficie, offre un mosaico naturale e colturale fra bosco, coltivo e vite. Per dimostrare le peculiarità qualitative di lungo periodo nella produzione del vino, la persistenza del paesaggio e la valenza economica degli insediamenti monastici oltre i limiti tardomedievali, si è soliti affidarsi a Marin Sanudo (1483) che vi saggiò i “perfectissimi vini”. Al mosaico paesaggistico del colle sono stati riservati larga parte degli spazi esposti a solatìo e terrazzati. Il bosco è costituito dalle specie più diffuse nell’area collinare (tiglio, orniello, acero campestre); il coltivo è occupato da mais e frumento; alla vite, in particolare ai filari di pignolo, picolit e ribolla gialla, sono riservati gli spazi che diradano verso la piana. La disposizione del paesaggio per ronchi (ròncs) – la parte del colle conquistata al bosco dal coltivo e dalla vite – è uno dei caratteri propri dell’area del Collio orientale friulano e sloveno. Dopo decenni di abbandono, il complesso abbaziale e ampie estensioni a vigneto di proprietà dell’Arcidiocesi di Udine sono stati recuperati. È recente, poi, la volontà di reintrodurre l’olivo, conservatosi sporadicamente, e la cui produzione è documentata almeno fino al principio del Settecento. Per quanto riguarda l’integrità del paesaggio bisogna osservare che la crescente richiesta del vino e la qualità della produzione locale hanno determinato l’aumento dei vigneti, ma senza assumere caratteri invasivi. Gli aspetti originari si possono cogliere anche dalla compresenza di piante da frutto accanto alla vite.
4. Foresta di Ampezzo e la vallata del Lumiei
(Comune di Ampezzo)
L’area comprende circa 2114 ha della foresta di Ampezzo. La significatività dell’area è legata alla persistenza storica della foresta e alla qualità del paesaggio di questa porzione delle Alpi Carniche, che assieme al bosco vede la presenza di pascoli e fitte distese di mughi nelle zone più elevate. I boschi della Carnia erano noti fino dall’epoca romana per la qualità del legname di conifera, già allora oggetto di commercio. La zona passò sotto il dominio veneziano nel 1420. Nel 1581 il Consiglio dei Dieci vincolò per l’uso esclusivo dell’Arsenale e altri usi pubblici alcuni boschi della foresta, assieme ad altri boschi della Carnia. Si trattò di un vincolo che Venezia aveva già applicato a molti boschi del Veneto e dell’Istria, con lo scopo di salvaguardare la continuità dell’approvvigionamento del legname sia per la marina, sia per lo sviluppo della città. L’integrità del paesaggio è ancora sostanzialmente assicurata, vista anche la compresenza a diverse fasce altimetriche di spazi coltivati, prato-pascolo (prât, passòn), bosco (bosc) e pascolo in quota (mònt, màlga/olbe) che ancora lo caratterizzano. Nonostante le difficoltà del settore, e l’investimento nella costruzione di diverse piste forestali che hanno intaccato in parte l’integrità paesaggistica, l’ottima qualità del legname prodotto ha consentito nel tempo di perpetuare il taglio e la commercializzazione di questa materia prima. Per quanto riguarda la vulnerabilità, la crisi dei comparti boschivo e zootecnico, e il declino della popolazione costituiscono gli elementi di maggior incidenza per la conservazione dei caratteri paesaggistici.
5. Magredi di Vivaro
(Comuni di Vivaro, Maniago, Montereale Valcellina, San Quirino, Cordenons, San Giogo della Richinvelda, Spilimbergo)
Le terre magre di Vivaro, ossia i magredi, si estendono per circa 6052 ha. La significatività dei magredi risiede nella unicità e nella persistenza storica di un paesaggio che rappresenta una indiscussa particolarità del territorio regionale. L’area è caratterizzata da distese di sassi e di erba, con vaste praterie naturali e sporadici arbusti e alberi che si sviluppano mano a mano che ci si allontana dal greto del fiume. In queste terre, come in tutti i magredi, vi si facevano pascolare liberamente gli animali minuti e grossi, in un processo controverso e concomitante che contribuiva alla concimazione e, con il progressivo aumento del numero dei capi allevati, alla distruzione delle lande. Al bestiame proprio delle popolazioni locali, si univa poi quello transumante, proveniente da settentrione e da occidente. I magredi presentano ancora caratteristiche di integrità. Per quanto riguarda la vulnerabilità, uno dei fattori di rischio per queste aree un tempo era legato all’ampia porzione destinata a servitù militare, ma con la progressiva dismissione delle esercitazioni si è avuta un’inversione di tendenza, con il passaggio da un’area preclusa allo sviluppo a uno spazio tutelato dal suo inutilizzo. Oltre a questo, la presenza delle due aree della rete Natura 2000, si dimostra in questo contesto particolarmente utile, proteggendo l’area dei magredi dall’altrimenti inevitabile trasformazione di questi terreni in coltivazioni estensive.