1.Campi baulati del Casalasco
(Comuni di Piadena, Calvatone, Tornata)
Le porzioni meglio rappresentative del paesaggio rurale caratterizzato dalla sistemazione a campi baulati si estende per circa 2000 ha. La significatività dell’area è data dalla persistenza della tecnica di sistemazione e di irrigazione storica della “baulatura”, che permane con maggiore evidenza rispetto ad altre aree d’Italia. Tale tecnica interessa piccole porzioni dell’area e non un continuum territoriale. La sistemazione del terreno a campi baulati e a fossi si è sviluppata successivamente alla “conquista” dei terreni soggetti a impaludamenti della parte più bassa del territorio, anche se l’origine di questa tipologia di regimazione idrica non è chiara. I campi venivano amministrati a mezzadria, sicuramente già nel Quattrocento. La baulatura dei campi rappresenta una sistemazione sviluppata al fine di favorire il rapido sgrondo delle acque pluviali dai terreni agricoli, per lo più argillosi, sagomati a schiena di mulo, con un colmo centrale e mantenuti in tale condizione da un appropriato sistema di aratura. Per quanto riguarda l’integrità, in alcuni appezzamenti pochi filari di viti o piccoli vigneti familiari rimangono a scandire gli spazi destinati alla cerealicoltura, alla coltura del pomodoro o alla coltivazione dei meloni. Dalla seconda metà del Novecento, infatti, l’ordinamento colturale aratorio-vitato è progressivamente scomparso dal paesaggio locale. La vulnerabilità del paesaggio dei campi baulati e degli ordinamenti colturali tradizionali, è da ricercarsi nell’abbandono di tali pratiche. La baulatura richiede ingenti e costanti opere di manutenzione manuale: con il diffondersi della meccanizzazione agraria sono venute meno le tradizionali lavorazioni del terreno e la manutenzione delle sistemazioni idrauliche, ma sono anche migliorate le condizioni di vita e del lavoro nei campi.
2. Collina Banina
(Comuni di San Colombano al Lambro, Graffignana, Miradolo Terme)
L’area riguarda il sistema agricolo della collina banina esteso per circa 1151 ha. La significatività dell’area è da ricercarsi soprattutto nella persistenza del “sistema paesaggistico” caratterizzato da una maglia poderale e fondiaria fortemente parcellizzata, in cui si alternano viti, prati e frutteti, di cui già nel tardo Medioevo si avevano notizie certe. L’importanza dell’insediamento di San Colombano è documentata da una serie di privilegi che i Visconti alla fine del XIV secolo avevano accordato al territorio per favorirne lo sviluppo, il dissodamento e l’immigrazione. Il terreno era suddiviso in numerosi piccoli e medi proprietari che detenevano e lavoravano appezzamenti di terra sparsi sulla collina senza possedere mai poderi compatti. L’integrità dell’area è legata alla persistenza storica di una maglia poderale e fondiaria fortemente parcellizzata, e anche se le caratteristiche degli ordinamenti colturali nel tempo sono mutate, le coltivazioni principali sono quella della vite, da cui si producono i vini DOC San Colombano al Lambro, e dei prati con frutteti. Gli elementi di vulnerabilità sono in parte legati alle trasformazioni degli ordinamenti colturali e in parte alla forte parcellizzazione della proprietà; infatti, i piccoli appezzamenti appartenenti a diversi proprietari hanno creato molte volte condizioni limitanti. Diverse proprietà per questi motivi vengono abbandonate all’incuria e all’incolto, facendo perdere così il carattere agricolo peculiare dei luoghi, in favore dell’aumento della vegetazione arborea.
3. Colline moreniche del basso Garda
(Comuni di Mozambano, Cavriana)
L’area agricola di circa 1360 ha delle colline del basso Garda è collocata nei comuni di Ponti sul Mincio, Monzambano e Cavriana. La significatività del paesaggio locale è dovuta alla combinazione delle particolari caratteristiche ambientali legate al clima mite della regione insubrica, unite alla persistenza storica delle attività agricole e alle qualità estetiche del paesaggio gardesano. Oltre alla vegetazione arborea, che comprende salici, ontani, roverelle e carpini neri, è da evidenziare, tra gli elementi più caratteristici del paesaggio, il cipresso che spesso segna la linea di cresta delle colline, i viali di accesso e la strada alzaia del Canale Virgilio. Le pendici esposte a mezzogiorno sono generalmente terrazzate e coltivate a vigneto (vini DOC dei colli morenici del Garda). L’integrità del paesaggio è legata al mantenimento delle colture agricole, fra le quali la vite risulta essere l’elemento più diffuso e interessante, specialmente in presenza di terrazzamenti. Data la vastità dell’area, vi sono zone in cui sia l’espansione delle aree urbane, sia le modifiche apportate agli ordinamenti colturali riducono l’integrità complessiva del paesaggio. La vulnerabilità è legata da un lato alle tendenze conurbative, dall’altro a ulteriori trasformazioni e intensivizzazioni delle componenti agricole.
4. Limonaie gardesane
(Comuni di Gargnano, Tignale, Limone sul Garda)
L’area delle limonaie si colloca nella fascia a lago, ampia circa 300 m, per un tratto di una trentina di km della Riviera Gardesana bresciana tra Salò e Limone. La significatività del paesaggio è legata alla persistenza storica della più caratteristica delle coltivazioni gardesane, introdotta fin dal XIII secolo, forse dai frati del convento di San Francesco di Gargnano, e alla qualità estetica del paesaggio del Garda. Per rendere possibile l’agrumicoltura a questa latitudine (la più a nord del mondo), furono costruite fin dal XVI secolo imponenti strutture, le limonaie, grandi serre a base rettangolare costruite su lunghi terrazzamenti. Per quanto riguarda l’integrità si osserva che la maggior parte delle aree un tempo destinate all’agrumicoltura sono riconvertite ad altri usi agricoli o a verde privato e in alcuni casi appaiono profondamente degradate o trasformate: solo una ventina di limonaie sono ancora attive e produttive. Negli ultimi anni alcune limonaie di proprietà pubblica in comune di Tignale e Limone sono state restaurate e destinate a un uso museale, a testimonianza di quella coltura agricola storica che rese famose queste zone. Gli elementi di vulnerabilità del paesaggio delle limonaie sono legati alla perdita della redditività produttiva di questo sistema di coltivazione. Da quando l’agrumicoltura è stata abbandonata, perché non più redditizia con questo sistema di coltivazione, le limonaie hanno perso la funzione produttiva per cui erano state create, ma hanno mantenuto quel ruolo paesaggistico che rende unico questo tratto di Riviera Gardesana.
5. Marcite della pianura irrigua
(Comuni di Vigevano, Morimondo)
Il paesaggio delle marcite comprende alcune aree sparse nel territorio della pianura irrigua dal Ticino all’Adda. L’area di studio comprende due porzioni (marcite della Sforzesca e marcite di Morimondo) estese complessivamente per circa 428 ha. La significatività delle marcite è da ricercarsi nella struttura idraulico-agraria caratteristica di questo tipo di prato stabile irriguo, di antica origine, e al loro ruolo ecologico. Si tratta di ampi rettangoli di terreno che presentano lievi inclinazioni: nelle parti più elevate, piccoli canali detti maestri o adacquatori portano l’acqua che, tracimando, inonda il prato e forma un sottile velo tiepido al di sopra del manto erboso, mentre nelle parti più basse i canali colatori raccolgono il liquido in eccesso. Il movimento costante dell’acqua, oltre alla sua temperatura quasi costante non permettono gelate del suolo nei mesi più rigidi e quindi consentono la crescita rigogliosa dell’erba, arrivando fino a 10-12 tagli l’anno. Le marcite erano dette anche “oro verde di Lombardia” poiché hanno consentito di incrementare fino al dopoguerra gli allevamenti della pianura. Esse svolgono anche un importante ruolo ecologico, essendo ambienti di rifugio per molte specie floristiche e faunistiche, acquatiche e palustri. La vulnerabilità di questi appezzamenti è elevata a causa della necessità di continua manutenzione e della scarsità dei contributi economici specifici, che fanno sì che spesso le marcite vengano “rotte” e convertite a coltivazioni cerealicole.
6. Uccellande lombarde
Il paesaggio individuato riguarda le uccellande, strutture vegetali realizzate per l’attività venatoria chiamate localmente “roccoli” e “bresciane”. Le due uccellande analizzate si estendono per 2,10 ha: una nel comune di Almenno San Bartolomeo e un’altra tra il comune di Sedrina e quello di Zogno. La significatività risiede nella persistenza storica e nell’unicità di strutture un tempo largamente diffuse nel territorio nazionale, realizzate con individui arborei modellati allo scopo di favorire la cattura di varie specie di volatili. Il roccolo è documentato almeno fin dal XV secolo soprattutto in Lombardia e in Veneto. Un censimento del 1931 riporta che dei 1890 individuati in Italia, 880 sono in Lombardia e 587 in Veneto. Il suo disegno è caratterizzato da una pianta circolare, o a ferro di cavallo, di 50-60 m di diametro, contornata da alberi impiantati e potati in modo da creare delle gallerie finestrate in cui sono nascoste le reti verticali per la cattura degli uccelli. Annesso al pergolato, costituito da una struttura lignea completamente rivestita dalla vegetazione potata, vi è un edificio a torre di tre piani in muratura (il casello) o un capanno, in cui si appostava il cacciatore. Numerosi roccoli presentano ancora caratteristiche di integrità. Alcuni di essi sono mantenuti attivi con tecniche tradizionali, per il rifornimento di richiami di specie cacciabili in Lombardia, dove una quarantina di roccoli sono autorizzati a catturare oltre 40.000 uccelli, o per l’inanellamento a scopo scientifico. La vulnerabilità di queste particolari strutture vegetali è dovuta alla perdita della funzione venatoria: da quando la legge 799/1967 vieta questa forma di uccellagione, la maggior parte dei roccoli è stata infatti abbandonata.
7. Val Muggiasca
(Comuni di Vendrogno, Casargo, Margno, Taceno)
Il “sistema di paesaggio” montano della Muggiasca è esteso per circa 945 ha. La significatività del “sistema di paesaggio” della Val Muggiasca è dovuta alla persistenza storica di elementi fisici propri di economie agricole e di allevamento di tipo montano, legate al nomadismo stagionale degli addetti e del bestiame tra le parti basse dei versanti (periodo invernale), le parti mediane (periodo primaverile) e le parti alte (periodo estivo), connesso con la pratica dell’alpeggio, e a un’alternanza di boschi, pascoli, prati, piccoli terrazzamenti e ciglionamenti. Partendo dal basso il “sistema” è costituito dagli insediamenti permanenti, con piccoli terrazzamenti e ciglionamenti dove si coltivano verdure, patate, segale e grano saraceno, ma soprattutto viti; seguono, fino ad alta quota, prati e pascoli, con costruzioni temporanee, frammisti ad ampie selve di castagni anche con caratteristiche monumentali e boschi misti. L’integrità della Muggiasca è dovuta alla permanenza dell’uso storico. A fronte di tale ricchezza di elementi storici, il parziale abbandono del versante vallivo, la decadenza delle attività agricole e pastorali e il conseguente abbandono dei pascoli, soprattutto nelle aree più difficilmente accessibili, stanno aumentando la vulnerabilità dell’area, riflettendosi in una progressiva estensione del bosco sui coltivi terrazzati e sui prati.
8. Vigneti terrazzati della Valtellina
(Comuni di Sondrio, Montagna in Valtellina, Poggiridenti, Tresivio)
Il paesaggio considerato, esteso per circa 690 ha, riguarda i vigneti terrazzati della Valtellina. La significatività dell’area è data dalla persistenza storica della coltivazione della vite su terrazzi con muri a secco, su versanti con pendenze particolarmente elevate, in taluni casi superiore al 70%, i quali costruiscono un paesaggio spettacolare di grande valenza estetica. Le notizie storiche pongono la realizzazione dei terrazzamenti soprattutto tra il X ed il XIV secolo. Furono soprattutto i monaci che iniziarono l’interminabile opera di bonifiche, roncature (l’eliminazione del bosco per creare spazi coltivati) e terrazzamenti che permisero la coltivazione della vite lungo il versante retico. L’area individuata è interessata dalla produzione di vini di qualità, con il marchio DOC (Valtellina rosso) e DOCG (Valtellina superiore e Valtellina sforzato). L’integrità dell’area è legata al fatto che l’attuale paesaggio viticolo, oltre ai terrazzi, mantiene in gran parte l’estensione raggiunta nel XIX secolo, a differenza di quanto accaduto in altre parti della Valtellina, anche se alcune aree sono state comunque abbandonate e ricolonizzate dal bosco. Per quanto riguarda la vulnerabilità, le difficoltà oggettive nella coltivazione delle aree terrazzate e i costi elevati delle produzioni spingono gradualmente a un abbandono delle coltivazioni, non solo a quote più elevate ma anche, in anni recentissimi, alle quote più basse. Le produzioni vinicole dell’area garantiscono un’elevata qualità, ma è necessario uno sforzo collettivo affinché non vada perduta la ricchezza di un prodotto dalle caratteristiche uniche e non riproducibili in altri ambienti, oltre alla funzione di presidio idrogeologico dei terrazzi.