1. Abetine della selvicoltura monastica di Vallombrosa
(Comune di Reggello)
Il nucleo storico della foresta di Vallombrosa si estende intorno all’omonimo monastero per circa 609 ha. La significatività dell’area è legata sia alla persistenza storica di un modello di gestione forestale che per secoli ha fornito legname di abete, sia al ruolo di Vallombrosa nello sviluppo delle scienze forestali in Italia. Agli interessi economici dei monaci si deve invece il paesaggio che si sviluppa a partire dal XVI secolo. Questi iniziarono un fruttuoso commercio di legname, favorendo progressivamente la coltura dell’abete che gradualmente si sostituì ai boschi di faggio, attraverso una gestione dell’abetina basata su criteri che favorivano popolamenti coetanei, monospecifici, con piantagioni regolari, a file, di giovani piantine in sostituzione di quelle abbattute. L’integrità dell’area riguarda il nucleo che circonda l’abbazia, che si prevede di conservare con opportune pratiche selvicolturali, mentre le restanti abetine stanno evolvendo in direzione di boschi misti di latifoglie. Per quanto riguarda la vulnerabilità, va segnalata, oltre che l’evoluzione in direzione del bosco misto dominato da latifoglie, la presenza di due parassiti, l’Armillaria mellea e l’Heterobasidion annosum.
2. Biancane della Val d’Orcia
(Comuni di Pienza, Montepulciano, Chianciano, Sarteano)
Il paesaggio delle biancane preso in esame, si estende per 2455 ha nella parte centrale della Val d’Orcia. Il paesaggio della Val d’Orcia risulta essere significativo per la persistenza storica di formazioni geologiche di elevato impatto estetico, in un mosaico paesaggistico dominato da estesi seminativi nudi e arborati con ulivi e da pascoli su una morfologia caratterizzata da colline dolci, spesso sormontate da filari o da singoli esemplari di cipresso. Le biancane sono rilievi a forma di cupola dal colore chiaro, con altezze moderate che non superano i 10 metri. In questo contesto si inserisce la fattoria di Castelluccio, punto centrale dell’area considerata. Il paesaggio della fattoria, ma in generale della Val d’Orcia, mantiene complessivamente una buona integrità degli assetti colturali storici. Nonostante alcuni cambiamenti negli ordinamenti agricoli, il paesaggio è ancora dominato dai tradizionali usi del suolo, il seminativo nudo, il seminativo con ulivi e il pascolo, su cui spesso si trovano pecore, con i caratteristici cipressi che aggiungono verticalità al paesaggio locale. Il rischio maggiore per un paesaggio come quello della val d’Orcia è dato dalle espansioni edilizie, che si sono verificate negli ultimi anni intorno ai piccoli centri come Contignano e Monticchiello.
3. Castagneti monumentali dello Scesta
(Comune di Bagni di Lucca)
I castagneti monumentali si trovano diffusi in un’area forestale che si estende per circa 2217 ha, nella valle a nord del Monte Prato Fiorito. La significatività del paesaggio è data dalla secolare presenza di antichi castagneti da frutto, con numerose piante monumentali, che testimoniano il ruolo di principale risorsa economica per le popolazioni appenniniche giocato dal castagno per molti secoli. Spesso i castagni raggiungono dimensioni eccezionali, con circonferenza di oltre 9-10 metri. Il paesaggio è arricchito dalla presenza di sistemazioni del terreno, quali terrazzamenti, lunette, ciglionamenti, edifici legati alla coltura castanicola, come stalle ed essiccatoi per le castagne. La Valle dello Scesta presenta un paesaggio castanicolo caratterizzato da un buon livello di integrità, dove si osservano ancora edifici rurali e sistemazioni del terreno che però sono in evidente stato di abbandono. Sono da segnalare le iniziative di alcuni proprietari privati per riattivare la coltivazione del castagneto da frutto e nel contempo per ristrutturare un complesso di edifici vicino Siviglioli. La principale causa di vulnerabilità è da ricercarsi nell’abbandono, che determina sia l’evoluzione dei castagneti verso il bosco misto di carpino, cerro e castagno, sia la morte degli esemplari monumentali per la mancata manutenzione e l’insorgere di malattie. Infatti, oltre al cancro del castagno (Criphonectria parasitica), è stato individuato anche il mal dell’inchiostro (Phytophthora cambivora) e il cinipide galligeno (Dryocosmus kuriphilus).
4. Collina fiesolana
(Comuni di Firenze, Fiesole)
L’area individuata è estesa per 986 ha, ed è collocata nel più ampio contesto del versante sud delle colline fiesolane. La significatività dell’area risiede nella persistenza storica di un paesaggio agrario tradizionale di eccezionale valore estetico, caratterizzato da un sistema insediativo punteggiato di ville storiche, posto a cavallo fra il centro urbano di Firenze e quello di Fiesole. L’area mantiene molti dei caratteri tipici del “bel paesaggio” agrario collinare toscano. Il paesaggio è caratterizzato da coltivazioni promiscue come seminativi arborati, composti da viti e soprattutto olivi, realizzati su terrazzamenti o ciglioni, terreni vitati olivati, prati con olivi, prati arborati con olivi, orti con vigneto e oliveti alberati. Vi sono molte case contadine e ville padronali, quest’ultime corredate da giardini, da edifici religiosi e tabernacoli, da muretti a secco e da piante ornamentali isolate, disposte in boschetti, o lungo le tipiche strade bianche. Se l’integrità del patrimonio architettonico si è mantenuta completa, gli assetti colturali tradizionali sono caratterizzati da un livello minore di integrità. Oggi le colture storiche sopravvivono su piccoli appezzamenti, dominano gli oliveti a sesto di impianto regolare, ma sono ancora molto diffusi i terrazzamenti e i ciglionamenti, mentre in alcune porzioni dell’area esistono ancora oliveti a sesto di impianto sparso. La vulnerabilità dell’area è elevata. La minaccia principale è costituita dall’abbandono e dalla semplificazione dei coltivi, che potrebbe innescare in tempi brevi processi di degrado del paesaggio storico, anche per la perdita delle strutture per la regimazione idraulica necessarie a dare stabilità ai suoli.
5. Montagnola senese di Spannocchia
(Comune di Chiusdino)
La fattoria di Spannocchia si estende per 444 ha. La fattoria costituisce un esempio significativo della persistenza storica del paesaggio agrario della Montagnola senese, con seminativi e vaste aree boscate, che coprono circa l’82% della tenuta. L’area di Spannocchia ha mantenuto una forte integrità paesaggistica, grazie al mantenimento delle proporzioni tra la parte boscata, quella agricola e i pascoli. L’azienda caratterizzata dalla fattoria fortificata e da una serie di case coloniche è ancora attiva e la gestione attuata è stata decisiva nel mantenimento di tali caratteristiche. La filosofia aziendale ha cercato di mantenere le caratteristiche del paesaggio originale sforzandosi di collegarlo ai prodotti tipici e al turismo rurale, avviando una serie di attività scientifiche e culturali per la promozione e la conservazione del paesaggio. La fattoria, pur essendo autonoma, è comunque immersa in un contesto territoriale sottoposto a trasformazioni continue, ed è vulnerabile alla pianificazione, agli andamenti dei flussi turistici e al mercato agricolo. Anche i tentativi di ripristinare il pascolo in bosco per produrre carni e salumi di qualità trovano difficoltà legate a normative che limitano fortemente tale pratica, paventando danni alla rinnovazione naturale, senza considerare la disponibilità di tecniche selvicolturali perfettamente adeguate a tale esigenza e la qualità alimentare assicurata da tale modalità produttiva.
6. Mosaico paesistico del Montalbano
(Comuni di Larciano, Lamporecchio)
Il paesaggio agro-forestale di Larciano, esteso per 556 ha, si trova attorno all’omonimo borgo. Il paesaggio attorno al piccolo borgo di Larciano è un esempio significativo della persistenza storica di un tipo paesaggistico frequente nei rilievi collinari toscani, una delle tante varianti delle colline terrazzate. La coltura prevalente è l’oliveto tradizionale, che si ritrova su gran parte dei pendii laterali e che spesso arriva a lambire la viabilità di crinale, costituendone un paramento arboreo di notevole valore paesistico ed un elemento rappresentativo dell’identità colturale del territorio. Il territorio di Larciano, malgrado alcune fisiologiche modificazioni comuni a gran parte dei territori rurali toscani, conserva integra la propria struttura paesaggistica. Il complesso dei terrazzi coltivati, delle sistemazioni idraulico agrarie è ancora significativamente integrato con la rete della viabilità poderale e con la struttura insediativa. Gli aspetti di vulnerabilità maggiori nel paesaggio di Larciano sono legati all’abbandono delle attività agricole e all’intensivizzazione colturale. In alcune parti del territorio esaminato si osserva infatti l’avanzata della vegetazione boschiva sui terreni meno vocati all’agricoltura.
7. Paesaggi silvo-pastorali di Moscheta
(Comune di Firenzuola)
L’area silvo-pastorale situata attorno all’abbazia di Moscheta si estende per 770 ha. L’area è caratterizzata dalla persistenza storica di un tipico paesaggio centro-appenninico, che presenta faggete, pascoli, pascoli arborati, castagneti da frutto monumentali e importanti manufatti a scopo agricolo e religioso. Moscheta è un esempio significativo del ruolo storico dei monasteri nella gestione del territorio appenninico nei primi secoli dell’anno Mille: l’area si sviluppa infatti attorno all’abbazia fondata intorno al 1037 da san Giovanni Gualberto. E` ancora presente parte del pregevole edificio dell’abbazia, ormai restaurato, ma sconsacrato, e parte degli ordinamenti colturali presenti all’atto della fondazione, corredati da essiccatoi per le castagne, e numerose piazze carbonili legate alla intensa attività di fabbricazione del carbone di faggio. L’integrità degli elementi del paesaggio si presenta buona per i castagneti monumentali e i pascoli rimasti. Rispetto al XIX secolo si osserva una forte riduzione del numero degli usi del suolo. I castagneti monumentali sono in condizioni discrete e sono oggetto di costanti cure. Per ciò che riguarda la vulnerabilità, l’abbandono e il grande aumento del bosco che ne è seguito hanno fortemente contratto i pascoli e quasi eliminato le attività agricole, oggi legate a pochi privati che mantengono piccole aree intorno ai fabbricati rurali e alcune decine di bestie al pascolo.
8. Vigneti di Lamole
(Comune di Greve in Chianti)
L’area in esame ha un’estensione di 700 ha. La significatività dell’area è legata non solo alla persistenza storica dei terrazzamenti caratterizzati dalla coltivazione della vite e dagli oliveti, ma anche al valore scenico del paesaggio e alla capillare opera di restauro dei terrazzi portata avanti da alcuni proprietari. L’origine del nome Lamole sembra risalire alla parola latina lamulae, cioè piccole lame, lingue di terra. Certamente nel Medioevo era un luogo già conosciuto, e nel 1835, Emanuele Repetti scrive “i vigneti che danno il buon vin di Lamole, cotanto lodato, sono piantati fra i macigni di cotesto poggio”. L’esodo dalle campagne degli anni Cinquanta e Sessanta ridusse in pochi anni la popolazione di Lamole da 900 a 70 persone. A causa del dilagare della meccanizzazione e dell’esigenza di ridurre l’impiego di manodopera, si optò per la piantagione a rittochino. Da circa un decennio l’area è invece oggetto di un ripensamento complessivo sul modo di fare viticoltura, che ha portato al recupero di molti terrazzamenti. L’integrità dell’area è elevata grazie soprattutto all’opera di restauro dei terrazzi e alla ridottissima entità dei fenomeni di urbanizzazione. Gli elementi di vulnerabilità sono relativi al mantenimento dei terrazzamenti, reso difficile a causa degli alti costi di lavorazione non sempre ricompensati dal mercato, che ancora non riconosce la qualità del paesaggio come parte integrante del prodotto stesso.