La lettera del presidente del FAI, Andrea Carandini a Matteo Renzi sul maxi emendamento al PIT della Toscana, riguardo alle cave delle Apuane, ha riacceso il dibattito su questa bella porzione del paesaggio rurale toscano. Giudicando dai commenti che circolano in rete e sui giornali, sembra che la questione si esaurisca con le cave di marmo. Sembra infatti che, fermata l’estrazione del marmo o comunque una volta regolamentata, il problema del paesaggio apuano si risolva. Alcune critiche rivolte al Presidente della regione Toscana, Enrico Rossi, chiedono esplicitamente: ridateci il paesaggio delle Apuane.
La domanda è se sappiamo a quale paesaggio ci riferiamo. Infatti, le Apuane, così come il resto del paesaggio toscano, non sono natura incontaminata, ma un paesaggio culturale, quello per cui la Toscana è conosciuta nel mondo.
Vediamo un caso per tutti. Nelle due fotografie che mostriamo sotto si osserva a sinistra il paese di Cardoso, sotto il Monte Pania, agli inizi del ‘900 e lo stesso luogo pochi anni fa. Nel ‘900 vi erano terrazzamenti arborati, pascoli e castagneti da frutto coltivati. Un giardino caratterizzato da una ricchissima diversità; si contavano, infatti, più di 67 usi del suolo diversi in circa 1000 ha, con un mosaico di più di 600 appezzamenti, un vero puzzle, con coltivazioni che andavano dalla pianura fino quasi alla cime delle montagne. All’attualità non si arriva a 16 usi del suolo organizzati in solo 80 appezzamenti. Questo è dovuto a un vasto processo di abbandono da parte della popolazione che ha portato a una riduzione della diversità del paesaggio superiore all’80%, con un raddoppio del bosco che ha ricoperto i campi ed i pascoli e la scomparsa dei castagneti da frutto ormai diventati boschi misti in via di rinaturalizzazione. Questo fenomeno non è però solo un prodotto dell’esodo della popolazione ma è stato sostenuto dagli indirizzi di gestione del parco delle Apuane, che, nel piano degli anni ’90, indicava come desiderabile rinaturalizzare i castagneti. Non c’è niente di nuovo in realtà. Uno studio dell’assessorato all’ambiente, già negli anni ’90, aveva stabilito che le aree protette realizzate secondo la direttiva europea HABITAT avevano trascurato l’origine culturale dei nostri boschi, interpretandoli come aree di origine naturale, mentre non lo sono, favorendone così l’abbandono. Peraltro la riforestazione non ha ridotto il rischio idrogeologico, visto le frane e le altre devastazioni che hanno interessato nel 1996 proprio Cardoso; ma questo è una costante, come si è visto nei disastri delle Cinque Terre e in Lunigiana.
Ma quale è la posizione del PIT riguardo a questi fenomeni? Per quanto riguarda la montagna e i boschi prevale l’idea di habitat naturali da conservare e possibilmente aumentare. E’ un problema ben conosciuto dagli esperti che hanno lavorato al PIT che su questo tema non ha mostrato la stessa qualità messa in mostra per il paesaggio agrario, purtroppo si tratta di più di metà del territorio toscano. Bene tentare di regolamentare l’estrazione del marmo, ma quando chiediamo di difendere il paesaggio apuano e toscano, chiediamoci anche cosa effettivamente vogliamo proteggere.