Da un po’ di tempo si confrontano sui media diverse opinioni sulle sorti della nostra agricoltura e di tanto in tanto anche i “big” escono allo scoperto rappresentando i loro punti di vista. Recentemente Carlo Petrini e Oscar Farinetti si sono confrontati sul tema delle materie prime alimentari, il tema è noto. L’Italia è ormai diventato un importatore di materie prime per produrre i propri “prodotti tipici” per i quali è così famosa: grano per pasta e panificazione (siamo ormai al 60%), latte per i formaggi, insaccati per I nostri salumi di qualità, ecc. ecc. Stiamo facendo un po’ come per l’industria metalmeccanica e tutti possono rilfettere su questo parallelismo. Perchè accade questo? Sostanzialmente perchè la nostra grande industria agroalimentare, che governa il mercato nazionale, approfitta dei prezzi più bassi come nei mercati mondiali, e non compra dai nostri produttori.
Accade quindi che la forbice fra prezzi al dettaglio e prezzi alla produzione si divarichi sempre di più, la grande distribuzinoe guadagna sempre di più, i nostri contadini sono sempre di meno e cambiano mestiere, mentre noi aggiungiamo migliaia di ettari ai terreni abbandonati (che sono già dieci milioni) i quali aumentano al ritmo di centomila ettari all’anno. Abbiamo già scritto diverse volte di queste cose.
Farinetti, da grande imprenditore del settore alimentare, pensa che tutto sommato possiamo importare materie prime dall’estero per produrre alcuni dei nostri prodotti tipici.
Petrini invece non vuole perdere i contadini e sostiene che dobbiamo difendere i prodotti fatti con le materie prime coltivate in Italia.
A queste due posizioni ci permetteremmo, sommessamente, di aggiungere che non perdiamo solo i contadini e i loro prodotti, ma ci perdiamo anche il paesaggio, il vero valore aggiunto non riproducibile dalla concorrenza del nostro sistema paese.
Anche perchè, diciamo la verità, un buon formaggio o un buon vino, li fanno anche in Francia e in altri paesi del mondo, il nostro paesaggio è solo il nostro ed è qui.